CHARLIE


CHARLIE è una VOCE individuale, ma non individualista”, come qualche arguto spettatore ha definito.  

In origine il nome significa “uomo”, poi CHARLIE cammina nel mondo e insieme alla strada conquista spessore e diventa “uomo di condizione libera”. L’America, patria “dell’uomo libero”, in nome di una guerra ingiustificata più di ogni altra, decide di tradurre “libero” in “nemico”, e senza motivo l’uomo libero diventa l’uomo nemico da screditare e far tacere. CHARLIE non vuole cedere a quest’imposizione, a quest’errore, vuole tenersi il senso del nome bello stretto e difenderlo, e sa che per farlo deve conoscerlo, sa che se non conosci il significato delle parole sei destinato a non conoscere il valore delle cose.  

CHARLIE è curioso, e osserva con la volontà di trovare le informazioni necessarie per tradurre in sostanza la forma che lo circonda. Per non subire la materia umana nella quale vive, ma per plasmarla a immagine e somiglianza di un bene comune, fermamente convinto che il “bene comune” inizia dal “bene personale”. Per difendere l’altro dobbiamo saper difendere noi, per difenderci dobbiamo sapere di appartenerci

CHARLIE crede nell’empatia come unica possibilità di scoperta e di evoluzione, sapendo che solo vestendo i panni dell’altro si può capire cosa significa viverli e si può scoprire non solo in quali viviamo noi e se ci stanno bene, ma soprattutto quali sono quelli sbagliati, quelli da non indossare mai perché lontani da dignità e giustizia, diritti senza i quali tutti i vestiti sono sbagliati. Non c’è vita dove si vive quella di qualcun altro pensando sia la nostra, pensando di averla scelta, perché si finirà solo col pensare di non avere scelta. Confucio dice che “abbiamo due vite: la seconda inizia quando ci rendiamo conto di averne solo una”.

CHARLIE sa che cambiare il modo di guardare le cose, significa cambiare le cose.
Allora inforca gli occhiali da vista e il vocabolario, e s’incammina nel mondo.